IERI: ANCHE NOI ERAVAMO MAESTRI
Nel glorioso passato del cinema horror italiano, i registi erano come demoni senza freni, pronti a violare ogni norma sociale e morale per creare opere che suscitassero terrore e disgusto nel pubblico. Le pellicole di quel periodo erano intrise di una sensualità oscura e perversa, in cui il sesso e la violenza danzavano in un macabro duetto di depravazione. Questi maestri del terrore non temevano di affrontare argomenti tabù come incesto, necrofilia e violenza estrema, trasformando lo schermo in un palcoscenico per le loro fantasie più torbide.
In passato i registi godevano di una libertà creativa senza precedenti, dove l’orrore diventava una tela su cui dipingere le loro visioni più disturbanti e provocatorie.
Si trattava di un’epoca in cui il sangue scorreva libero sullo schermo e le barriere del tabù venivano abbattute senza pietà.
Per quanto mi riguarda abbiamo insegnato al mondo interno come fare questo genere o, quanto meno, come anche noi fossimo all’altezza del resto del mondo.
Opere come “La maschera del demonio” di Mario Bava e “L’aldilà” di Lucio Fulci hanno segnato svolte storiche nel genere.
LA MASCHERA DEL DEMONIO
Uscito nel lontano 1960, il regista Mario Bava, quì all’esordio, non si fa spaventare dal budget ridotto, riuscendo a ricreare le atmosfere gotiche negli studi Titanus a Roma, facendoci immergere in un mondo fatto di castelli spettrali, foreste cupe ed atmosfere da brivido.
Bava, riesce a trasformare ogni inquadratura in un’opera d’arte, creando un’atmosfera magica e inquietante allo stesso tempo.
La maestria e la tecnica di Bava nelle sue scelte di regia e montaggio si traducono in pura arte cinematografica.
Un utilizzo grandioso delle luci e delle ombre come effetti speciali per le trasformazioni in grado di modificare le espressioni di un volto per renderlo cattivo e mostruoso.
Una sceneggiatura perfetta in cui si parla di lotta tra bene e male, di lotta contro il proprio destino.
Capostipite del genere horror gotico, questo immenso capolavoro, ha influenzato il cinema a livello mondiale diventando fin da subito un punto di riferimento per tutti e fissando nuovi, ed altissimi, standard di qualità, dimostrando come il genere horror possa spaventare pur essendo esteticamente magnifico.
E TU VIVRAI NEL TERRORE…L’ALDILA’
Conosciuto anche come “The Beyond”, ha sconvolto e affascinato il pubblico.
Considerato come regista di B-movie ed i suoi film come “bassa macelleria”, amante di temi provocatori, Lucio Fulci è stato uno dei primi registi italiani a portare nell’horror scene splatter ed estreme, ed a mostrare con estremo realismo la morte come nessuno lo aveva mai fatto, senza mai tirarsi indietro.
Con un budget ridicolo a disposizione ma la capacità di un maestro e di un tecnico strepitoso, Fulci guida la macchina da presa in modo magistrale, creando una perfetta fusione tra il mondo onirico e la realtà. In questo vertice assoluto del genere horror italiano, la narrativa supera la sceneggiatura, immergendo lo spettatore in un vortice di orrore che sfida i confini tra vita e morte, mostrando quanto siano sottili.
Una pellicola che ha fatto parlare di sé suscitando dibattiti per il suo contenuto violento e disturbante portando ad accese discussioni sul ruolo dell’horror nel cinema e sulla libertà artistica dei registi ma che, allo stesso tempo, ha influenzato intere generazioni di registi grazie ad un impatto devastante sulla settima arte.
Tuttavia, nonostante il glorioso passato, il panorama attuale del cinema horror italiano è segnato da incertezze, ed è sempre più difficile trovare pellicole di genere distribuite al cinema, e sembra che il pubblico abbia perso in parte l’interesse e la fiducia nel genere. Ma ad oggi, ci sono ancora segnali di vita e di creatività che dimostrano che l’horror italiano ha ancora molto da dire.
OGGI:UN GENERE NELL’OMBRA
Nel presente, il cinema horror italiano è come un cadavere in decomposizione, divorato dai vermi della mediocrità e della mancanza di creatività, un labirinto oscuro che, purtroppo, si trova costretto a confrontarsi con una società sempre più sensibile e politicamente corretta, limitando la sua capacità di shock e provocazione.
Oggi la libertà creativa di un tempo è stata soffocata dalle catene della censura e della buoncostume.
La maggior parte delle opere contemporanee mancano dello smalto crudele e trasgressivo delle generazioni passate, sostituendo il vero terrore con banali jump scare e trame riciclate. La ricerca dell’originalità è stata soffocata dalla paura di essere etichettati come insensibili o razzisti, lasciando il cinema horror italiano intrappolato in una spirale discendente di mediocrità e conformismo. Invece di affrontare le vere paure e le oscurità della società moderna, questi registi preferiscono giocare sul sicuro, producendo opere insipide e dimenticabili destinate a marcire nell’oblio.
Ma non tutto appare perduto, a testimonianza di ciò, due film recenti, in particolare, hanno dimostrato di poter tenere alta la bandiera dell’horror italiano anche in tempi come questi.
THE END? L’INFERNO FUORI
Avete paura delle ascensori? E di rimanerci chiusi dentro?
Bene, nel 2017 il regista romano, classe 1985, Daniele Misischia ha pensato a voi, aggiungendovi lo scoppio di un’epidemia che trasforma in infetti assetati di sangue, sfornando una vera e propria chicca nel panorama del cinema horror italiano contemporaneo.
Grazie alle sue notevoli capacità tecniche, Misischia riesce a mescolare tutti gli elementi essenziali e tradizionali del genere horror combinandoli nella scrittura di una sceneggiatura originalissima realizzata dal regista stesso e Cristiano Ciccotti.
Una fotografia che, assieme alla regia, intrappola lo spettatore nell’ascensore con il protagonista Claudio, un personaggio scritto e recitato divinamente che cerca una via d’uscita tanto dal luogo in cui è bloccato quanto dalla sua oscurità interiore.
Altrettanto incredibile è il trucco degli infetti, curati con una precisione chirurgica che lascia senza fiato. Misischia trasforma i suoi personaggi infetti in creature di puro orrore, con deformità spettacolari.
Ad oggi il duo Misischia/Ciccotti hanno ipotizzato un seguito che però non è previsto che venga realizzato, per adesso non potete fare altro che recuperarvi la copia fisica di “The end? L’inferno fuori” o guardarlo in streaming su Rai Play.
PIOVE
Seconda opera del regista Paolo Strippoli, ambientata a Roma, in cui la pioggia ha portato morte e distruzione, si tratta di una pellicola divisa in tre distinti atti in cui vige un sacro equilibrio nella mescolanza tra il dramma familiare ed il genere horror.
Una regia, quella di Strippoli, che con grande maturità e sensibilità riesce a ritrarre perfettamente i personaggi ed a creare un enorme senso di realismo ed autenticità nelle loro interazioni.
Inoltre troviamo una fotografia dai toni cupi ed oscuri che contribuisce nella creazione di una notevole tensione visiva in grado di rispecchiare le sfumature emotive dei personaggi.
Un film che racconta una storia sociale, più precisamente, una storia di famiglia in cui la mancanza di dialogo, empatia, sentimenti comandano, un microcosmo in grado di andare oltre se stesso per raccontare il mondo nella sua totalità, in grado di catturare l’essenza della vita quotidiana in maniera sorprendente.
Una volta terminata la visione, tante sono le riflessioni che ha fatto sorgere in me, sulla natura umana e sul rapporto che si crea tra gli individui per un’opera che tutti dovete andare a recuperare il prima possibile in copia fisica o in streaming su Mubi.
Alla fine c’è ancora speranza in questo buio?
Le pellicole più recenti di cui vi ho parlato poc’anzi risultano essere due fari che squarciano le tenebre come lampi improvvisi in una notte tempestosa.
Film osano sfidare le convenzioni e le ipocrisie della società contemporanea, ribaltando il tavolo e mostrando il vero volto dell’horror italiano senza paura di offendere o provocare. Sono come un grido di sfida lanciato in faccia al conformismo e alla banalità, dimostrando che l’horror italiano non è morto, ma semplicemente in letargo, pronto a risvegliarsi con una ferocia rinnovata.
A mio modesto parere, questi film sono la prova vivente che l’arte può ancora essere provocatoria, che possiamo ancora insegnare al mondo come farlo, nonostante tutti i tentativi di soffocare la creatività e la libertà di espressione.
Articolo di : CineDistopic