LE CASE NERE NELLA LETTERATURA GOTICA

Titolo: Le Case Nere nella Letteratura Gotica

Articolo di: Serena Aronica (Coven Riunito)

PICCOLA ANTOLOGIA DELLE CASE STREGATE (PT. 2)

Nella seconda parte della piccola antologia delle case stregate, Serena Aronica ci conduce attraverso i meandri oscuri della letteratura gotica, un’epoca in cui la casa nera ha assunto un ruolo centrale e inquietante.

le case nere nella letteratura gotica

LE CASE NERE NELLA LETTERATURA GOTICA

Esiste forse qualcosa di più spaventoso di un luogo caro, famigliare, accogliente, rassicurante che si trasforma in un organismo malvagio, infestato da ombre sinistre e crudele al punto tale da avvelenare e portare alla follia chi lo abita?

Permettetemi di rispondervi. No, non esiste. E questo è un fatto.

La casa, che sia un maniero o una camera e cucina, crea un legame con chi la abita. Un legame che si intensifica nel tempo, molto più complesso e profondo di quello che si potrebbe mai immaginare. La casa ci accoglie e ci raccoglie quando siamo stanchi e soli e frustrati. La casa ci protegge dal mondo esterno. Ciò che siamo si proietta nella scelta del colore con cui tingiamo le pareti, nell’arredamento, nella disposizione dei mobili nelle ombre che proiettiamo sui muri, nelle lacrime che versiamo a letto nel silenzio della notte, nella vita che consumiamo al suo interno. Quindi è forse illecito, folle, alienato il pensiero che una nostra impronta resti al suo interno?

Forse… o forse no.

A rendere però fosco e inquieto il tanto amato focolare domestico è l’avvento del XVIII secolo; ovvero quell’epoca Vittoriana tanto attratta dallo spiritismo ma protesa verso l’industrializzazione, attraversata da profondi conflitti culturali e sociali e che proprio in questo contesto vede la nascita del romanzo gotico. Siamo infatti nel pieno della rivoluzione industriale, che avrà il suo culmine nella metà dell’ottocento, in aperto contrasto con le rigide e datate convenzioni dell’aristocrazia. In questo scenario caotico, deformato dal cambiamento in atto, vengono alla luce le opere immortali di scrittori seminali che hanno influenzato non solo la propria epoca, ma capaci di suggestionare ancora oggi la nostra.

La letteratura gotica nasce da un solido utilizzo di scenari pittoreschi, oscuri e inquieti come la tipica campagna inglese invasa dall’erica e zuppa della bruma notturna, e dalla costruzione di dispositivi narrativi melodrammatici, spesso intrisi di un romanticismo decadente, ma anche sorprendenti. Nelle storie gotiche non è poi insolito trovare elementi esotici che insinuandosi nell’atmosfera generale della storia generano misteriosi e terribili turbamenti. Eppure, il vero cardine del romanzo o del racconto gotico per eccellenza è proprio lei, la Casa; a volte è un castello vetusto carico di ricordi e tragedie, a volte un’imponente dimora di famiglia che custodisce terribili segreti o un sepolcro, se vogliamo considerarlo come l’abitazione nella quale consumare l’eterno riposo.

Quando si parla di narrativa gotica è Edgar Allan Poe a essere tirato immediatamente in ballo. Sbagliato? No, ma credo che lo stesso Poe inviterebbe tutti a non trascinarlo in conversazioni puerili e di andare magari a disturbare chi ha la responsabilità di aver dato inizio a tutto.

Quindi, è da “Il Castello di Otranto” di Horace Walpole, scritto nel 1764 e considerato il primo esempio di romanzo gotico, che sarebbe giusto iniziare. Questo classico, ancora perfettamente in grado di intrattenere e divertire il lettore, è un bellissimo affresco preromantico che incornicia una storia fatta di intrighi, amori incestuosi e omicidi in una cornice caratterizzata da castelli, sotterranei e ovviamente spettri.

illustrazione de "il cestello di Otranto"

La letteratura gotica non ha proliferato solo grazie alle suggestioni e agli incubi nati da penne maschili, ma anche dalla fervida immaginazione di vere e proprie pioniere della narrativa dell’orrore e soprattutto gotica come Ann Radcliffe. “I Misteri di Udolpho” è il quarto romanzo nato dalla creatività della Radcliffe, e sicuramente il più noto. Scritto nel 1794 è considerato come il romanzo archetipo della narrativa gotica dato che in questo romanzo ne vengono condensati tutti gli elementi principali; castelli in rovina gettati nell’abbandono, un’eroina perseguitata da un nemico, inspiegabili eventi soprannaturali e situazioni di agghiacciante terrore e il tocco esotico, dato da luoghi lontani e misteriosi.

Il genere gotico è fitto di esponenti di grande spicco, di altri meno noti, e di alcuni insospettabili con incursioni più o meno aderenti al tema. In realtà, quello del romanzo gotico, è un vero e proprio labirinto di suggestioni, ombre, rumori sinistri e spettri che varrebbe la pene di percorrere. Il suggerimento, sospinto quasi come un segreto inconfessabile nelle vostre orecchie, è di recuperare autori come Arthur Conan Doyle, Clara Reeve, William Polidori, Sheridan Le Fanu, Bram Stoker, Lord Byron, Oscar Wilde e ovviamente i sempre citati Poe e Lovecraft.

Prima di sgattaiolare tra la densa bruma che si leva sempre più lesta è d’obbligo parlare di Edgar Allan Poe, padre tra l’altro del romanzo giallo, e della sua cupa e desolata novella “La caduta della casa degli Usher”. Scritta nel 1839 la storia incarna alla perfezione il concetto di Casa Nera come edificio intriso di una decadente e malsana simbiosi con i propri abitanti. Qui la casa non è solamente una cornice, un palcoscenico sul quale si consuma la tragedia, ma un elemento quasi vivo e angosciante. Un’oscurità alimentata dalla follia e l’ossessione che dal protagonista si estende alla casa, in un circolo infetto che contagia qualunque cosa… anche il lettore stesso.

A volte le case crollano con il loro disperato proprietario ma altre volte, permangono.

Film "la caduta della dimora degli Usher"

Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. Hill House, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant’anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola.

Mi congedo infine così, con le oscure battute iniziali del romanzo “L’’incubo di Hill House” di Shirley Jackson del 1959 ma non è questo un addio, bensì l’invito a proseguire perché questa storia ha ancora molto da raccontare.

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