Recensione della sfilata Prada Fall 2024 Ready-to-Wear.
Per il mio giudizio personale, questa sfilata emerge come la più significativa, collocandosi un gradino più in alto rispetto alle altre, non solo per il suo livello estetico, ma soprattutto per il suo valore politico intrinseco, evidente nell’intero contesto, dove la collaborazione tra Miuccia Prada e Raf Simons sembra superare costantemente le aspettative.
Il parallelismo con il film “La zona d’interesse” emerge naturalmente, sia per l’abbigliamento bellico che per la scenografia apparentemente floreale, ma che cela un lato oscuro. Per chi non ha visto il film, narra la storia di un comandante nazista che abita con la moglie e i loro figli in una sontuosa villa immersa nel verde con piscina, dove si tengono feste tra parenti, amici e colleghi, circondati da un muro con filo spinato. Al di là di tale muro si estende il campo di concentramento di Auschwitz. I presenti sono volontariamente ciechi all’orrore che si consuma al di là del muro, anzi, sono felici dello status sociale ottenuto.
La sfilata di Prada si presenta in modo simile, con le modelle che sfoggiano abiti bellici e un guardaroba ricco di citazioni che spaziano dagli anni ’20 ai ’40, mentre sotto di loro si apre un verde lussureggiante. Non vi è un ostacolo invalicabile a dividere i due mondi, ma una passerella trasparente. Il duo di stilisti ci conduce attraverso una prospettiva diversa della storia, non siamo nella villa borghese, ma all’interno dove si consumano gli orrori, con la sfilata articolata in tre fasi: passato – presente – futuro. Non a caso, i primi outfit presentati sono tutti scuri e i colori che seguono non sono mai vivaci, ad eccezione della rielaborazione surrealistta del cappello da squadrista, con quei completi a tre bottoni che simboleggiano la gente di malaffare di quegli anni. Persino il modo in cui vengono indossate le borse nell’incavo dei gomiti ricorda le signore di quegli anni.
Esattamente a metà sfilata, si raggiunge la svolta, rappresentata dalla presenza di due outfit uno dietro l’altro con la Varsity Jacket, ossia la cosiddetta “Giacca da college”, un capo nato negli anni ’30 ma rivisitato e reinterpretato con la scena hip-hop che l’ha reso uno dei capi streetwear per eccellenza. Questo rappresenta il punto preciso di connessione tra passato e presente. Da questo momento in poi, la sfilata si sposta gradualmente verso un futuro prossimo, a tratti distopico. È qui che si nota la presenza di Raf Simons, che riesce ad integrarsi perfettamente nel brand Prada portando la sua innovazione attraverso capi destrutturati e tessuti tecnici, pur mantenendo lo stile tipico dei precedenti anni appena descritti. Questo risuona come un avvertimento, suggerendo che quel grigiore potrebbe tornare; se non facciamo qualcosa, la bottega degli orrori tornerà tra noi.