Alex Garland, prima di abbandonare il mondo della regia ha deciso di regalarci una delle pellicole più importanti degli ultimi anni, utilizzando la guerra civile come terreno fertile per esplorare le profonde contraddizioni e tensioni umane che portano alla violenza più sfrenata.
Quest’opera d’arte prende il nome di “Civil War”, scritta dal regista nel 2020, riesce ad essere perfettamente in linea con i nostri tempi, un’epoca segnata da conflitti geopolitici enormi, ancora…
D’altronde, nel 1968, ce lo mostrava già un certo Stanley Kubrick, nel suo massimo capolavoro, “2001: Odissea nello spazio”, come la violenza sia implicita nel processo evolutivo dell’umanità, mostrando come l’istinto primordiale alla violenza sia insito nel nostro DNA.
A partire da questo ragionamento, Garland ci offre uno sguardo spietato sulla natura umana ed il potere.
In questa cruda rappresentazione, vediamo i potenti giocare con la guerra come se fosse Risiko, manipolando le vite e i destini di intere popolazioni per il loro intrattenimento egoistico.
Bisogna accettarlo, è un riflesso amaro della realtà in cui viviamo, dove le guerre vengono combattute non per giustizia o difesa, ma per il potere e il controllo ed il regista, questo lo mostra in maniera tanto chiara quanto potente.
I potenti se ne fregano.
La guerra, nella loro visione distorta, diventa un mezzo per soddisfare i loro desideri di dominio e conquista, senza alcuna considerazione per le sofferenze umane o le conseguenze devastanti mentre sono gli innocenti ed i civili a pagare il prezzo più alto.
I giornalisti protagonisti di “Civil War”, divisi tra la ricerca della verità e la manipolazione dei fatti, incarnano il dilemma etico e professionale che molti professionisti dell’informazione devono affrontare.
Essi svolgono un ruolo cruciale nel tentativo di portare alla luce la verità e la realtà dei conflitti che insorgono nella società, agendo come testimoni oculari degli eventi, cercando di documentare e comunicare al pubblico le atrocità della guerra civile e le ingiustizie perpetrate dalle fazioni in lotta.
Ma la guerra mangia tutto e, così come il film, non salva nessuno.
Nemmeno coloro che cercano di documentarla.
“Che tipo di persona vuoi essere?”
Questa è la domanda che viene fatta allo spettatore, oltre che ai giornalisti, in un momento cruciale del film.
Un invito del regista, ai personaggi ed agli spettatori, ad andare oltre la propria identità nazionale per indurre una riflessione sulle proprie azioni, valori e responsabilità in un contesto come quello mostrato nella pellicola.
L’ambientazione del film negli Stati Uniti d’America non è casuale, è mirata e riflette la complessità e le contraddizioni che caratterizzano la società americana, divisa da conflitti ideologici, politici e sociali.
Tuttavia, questa ambientazione potrebbe essere trasposta in qualsiasi parte del mondo, la “Civil War”, potrebbe scoppiare ovunque.
Ovunque ci siano disuguaglianze economiche, tensioni etniche, lotte per il potere e conflitti di interessi, le condizioni per una guerra civile possono essere presenti.
Questo non fa altro che dimostrare le immense capacità del film di connettersi con pubblici diversi in tutto il mondo, stimolando riflessioni sulla natura umana e sulla società in generale, indipendentemente dalle differenze geografiche o culturali.
In uno scenario completamente apolitico, Garland mette in scena la realtà, crudele, dei fatti, condannando la guerra e chiedendo allo spettatore di confrontarsi con essa e fare lo stesso, qualsiasi esso sia il suo orientamento politico, tenendo in considerazione le sue conseguenze inevitabili di quest’ultima.
La verità è che in un mondo segnato da violenza e distruzione non c’è perdono e redenzione per nessuno.
Anche se, forse, l’unica cosa che si potrebbe fare sia superare il cinismo e l’indifferenza, opponendoci alla cultura della guerra come gioco, riconoscendo la dignità e il valore di ogni vita umana, mentre i titoli di coda del film scorrevano lentamente sullo schermo, il silenzio pervase la sala, l’aria era carica di tensione e le luci che si accesero rivelarono quanto quello visto proiettato sia, purtroppo, una realtà palpabile, troppo…
Articolo di : CineDistopic