Brevi riflessioni su alcune sfilate dell’Haute Couture Spring Summer 2024
Giorgio Armani Privè :
Giorgione nella nota stampa dichiara: “Fa Armani, ma potrebbe fare qualsiasi altra cosa”. Ed è vero. Giorgio Armani fa Armani e, purtroppo, lo fa in modo poco convincente. Dando un’occhiata ai risultati, sembra che avrebbe fatto meglio a dedicarsi a qualsiasi altra cosa.
Durante la sfilata, gli abiti passano da un’estetica occidentale a un’ispirazione orientale senza transizioni fluide, con contrasti così netti da farti sentire immediatamente estraneo alla presentazione. Non c’è una sensazione di coinvolgimento autentico. Ad ogni cambio di ispirazione sei immediatamente buttato fuori del coinvolgimento nella sfilata. La scelta di esplorare temi culturali sembra motivata più da interessi commerciali che da una reale creatività.
È simile a quelle serie TV astute come “Euphoria”, che inseriscono stereotipi di personaggi diversi per forzare l’identificazione degli spettatori con almeno uno di essi. Questo approccio didascalico, semplice e banale sembra dettato solo dalla logica produttiva, destinato a soddisfare le esigenze delle macchine da soldi.
Preferiamo piuttosto l’approccio di Kundera, recentemente scomparso, che nella narrativa de “L’insostenibile leggerezza dell’essere” presenta quattro personaggi senza renderli stereotipi. Il lettore non si identifica completamente con uno di loro, ma coglie sfumature uniche in ognuno.
Le cinture ricoperte di paillettes dei pantaloni e delle gonne in netto, contrasto con il resto del capo, risultano semplicemente oscene. L’esagerata quantità di 92 abiti sembra ridondante, sarebbe stato meglio optare per una selezione più raffinata, magari limitandosi a soli 30 pezzi significativi.
Schiaparelli :
Daniel Roseberry da il via alle sfilate Haute Couture P/E 2024, ed è uno dei pochi che riesce ad inserirsi a metà tra la definizione di Couturier e quella di Fashion Artist. Capace di individuare e cavalcare l’onda della fantascienza, che degli ultimi dieci anni ha fatto breccia in altri campi artistici, in particolare nel cinema. Bolla, in realtà, mai completamente esplosa. Roseberry mescola con maestria l’iconicità e la contemporaneità, attingendo da capolavori come Matrix ed Alien fino a opere moderne come Ex-Machina e Dune. Non a caso, Zendaya è il volto della maison, da noi attesa per il prossimo capitolo di Dune e non per la prossima stagione di Euphoria.
Tuttavia, nell’eccellenza del suo stile emerge un elemento cupo e grottesco, un riflesso di quella paura della tecnologia che, in qualche modo, è giusto che ci colpisca. Se siete interessati a questo tema, potete approfondirlo nel nostro articolo sul cinema tecnologico al seguente link. (Paura della Tecnologia : Film iconici e critica all’horror)
Roseberry riesce a trasmettere tutto ciò in un contesto quasi odierno. Originario del Texas, il designer fa proprio il tema della fantascienza, portandolo nella sua quotidianità. Ciò che prima appariva come il “futuro” ora non sembra così distante, anzi, in certi aspetti, sembra quasi la realtà o comunque una sua prossima evoluzione. Quasi imminente. Questa sensazione emerge attraverso dettagli e accessori come stivali, frange e fibbie, dimostrando che il futuro è già tra noi, nascosto in piccoli elementi che definiscono il nostro presente.
Jean Paul Gautier by Simone Rocha :
Dopo Haider Ackermann e Julien Dossena, è il turno di Simone Rocha di dirigere l’haute couture della maison Gautier. L’eletta riesce brillantemente a piegare e amalgamare lo stile della casa alla sua visione, fatta eccezione per un paio di outfit palesemente troppo in stile Gautier. Non a caso, i due Couturier hanno definito la collezione un “matrimonio”.
In realtà, è più di un matrimonio; è il momento in cui l’unione viene “consumata”, l’atto in cui l’erotismo, seppur timido, inizia a prendere piede e i due novizi cominciano a spogliarsi. I modelli sfilano indossando un guanto, mentre l’altro viene tenuto in mano o entrambi sono portati a mano. Gli abiti sono volutamente lasciati aperti sul retro. Le giarrettiere non hanno calze da reggere. Anche i colori, con il beige che vira verso il rosa antico e al bianco crema, richiamano una sacralità di periferia, un intimo passato. Mentre il rosso emerge come primo atto impuro. A tratti, la collezione mi ha ricordato “Midsommar” di Ari Aster, meno religioso ma più genuino.
Lo stesso fondatore è seduto in prima fila per assistere alla sfilata e applaude con vigore la stilista irlandese che, al termine dello show, entra in passerella per abbracciarlo. Dopo tutto, Gautier ha sempre sostenuto e spinto il suo entourage o coloro che considera validi. Non dimentichiamoci che fu il primo a sostenere Martin Margiela quando decise di lasciare la maison per intraprendere la propria strada.
Maison Margiela :
Se Il fiume scorre candido sotto un ponte infestato dalla nebbia, nel cuore della notte, in un Parigi di un’altra epoca , ricordatevi che non è mai un buon segno. Per strada, il silenzio tombale viene spezzato solo dal rumore di passi lenti e barcollanti diretti all’ingresso del bordello. Sedie e tavoli di legno malconci, un tavolo da biliardo ricoperto di polvere, e un pavimento in legno sconquassato delineano il contesto. Al piano inferiore, troverai la sala da bar, mentre su quello superiore si aprono le stanze per concludere la serata.
Il make-up dei partecipanti, trasformati in maschere di cera, avvolge l’ambiente di un mistero inquietante. Quando attraversano i riflettori, si ha la sensazione che stia per scatenarsi una rissa da bordello; mentre, immersi nell’oscurità, si avverte l’inizio di un’atmosfera oscura.
Questa è l’atmosfera in cui ci immerge la sfilata haute couture “Artisanal” di John Galliano. Con il suo capolavoro in pieno stile teatrale, il couturier mette in discussione la linea genuina Dior-Valentino, seppur molto valida.
Prima di procedere, desidero fare alcune precisazioni che vanno in controtendenza con la filosofia della maison. Ai tempi di Martin Margiela, la collezione era definita artigianale in quanto prelevava autentici capi vintage dai mercati parigini e li destrutturava in stile Rei Kawakubo. Questo processo costringeva i borghesi a indossare capi rimodellati, spesso provenienti dalla classe più povera, con materiali come viscosa o poliestere.
Per John Galliano, il processo di creazione è totalmente differente. Il budget è consistente, e per questo dobbiamo ringraziare Renzo Rosso e il gruppo OTB, che hanno compreso l’importanza dell’Haute Couture nella costruzione del brand, concedendo al couturier ben 12 mesi per l’intera creazione. Devo confessare che inizialmente ero scettico riguardo alla sfilata; sembrava che i borghesi si applaudissero a vicenda mentre veniva esibita la classe più povera.
In realtà, è solo Galliano che ritorna a brillare. Il suo background umile, il suo stretto contatto con le subculture inglesi e il teatro lo hanno reso sensibile anche a determinate “classi”. Basta un minuto per essere totalmente coinvolti nella performance, e a differenza di Armani, ti tiene incollato allo show, diventandone quasi una parte attiva. Non c’è un outfit fuori posto; ognuno contribuisce alla narrazione, dalle prostitute agli ubriaconi desiderosi di affogare nei vizi in buona compagnia, con qualsiasi parafilia.
P.S. Non vi descriverò nemmeno un capo perchè dovrete godervi da soli l’interezza della sfilata.