Paura del Buio: come il Cinema Horror affronta l’Oscurità

Da bambina amavo il buio. Quando mi sentivo triste o fuori posto, mi rannicchiavo tra gli scatoloni in garage e ci rimanevo per ore; era sempre un’impresa trovarmi, ma non potevo farne a meno. Il buio era il mio safe place, calmava qualsiasi cosa avessi dentro, come se mi abbracciasse e mi proteggesse da tutto il resto, persino dai sensi autopunitivi che mi infiggevo.

Crescendo, ne sono diventata assolutamente dipendente, come un’amica tossica da cui è difficile staccarsi perché è la tua comfort zone, ti fa sentire te stessa e nessun’altra. Non ne ho mai avuto paura o, più precisamente, più mi spaventava più mi sentivo attratta, come se volessi gestire questo limite inconscio arrivando a domarlo. Una sfida con me stessa che ho vinto con fin troppo successo.

Tanti, invece, sono letteralmente terrorizzati dall’idea di rimanere al buio. Tradotta come sensazione di disagio e di angoscia, la nictofobia è una delle paure più comuni negli esseri umani, specialmente se ci si ritrova in luoghi sconosciuti; una fobia istillata nelle nostre teste sin da bambini a causa dei racconti popolari, leggende e storie in cui il male proviene sempre da ciò che è vuoto e nero. Per farci del male, ovvio.

La caduta di Satana, Gustave Doré.

Un gioco da cui non è mai sfuggito nessuno, nemmeno l’antagonista per eccellenza Lucifero, paradosso del mondo che, da essere il portatore di luce (dal latino Lux fero), diventa lo sfigato di turno accollandosi il titolo di padrone dell’oscurità, scaraventato nel Tartaro da cui era, tra l’altro, terrorizzato. Una punizione più che dolorosa in cui amore e vendetta hanno creato la dicotomia universale di qualsiasi credo.

Luce è bene, oscurità è male. Due pesi e due misure che regolano la bilancia della Giustizia senza favoritismi, dove niente dipende dal caso, tutto è predestinato da azioni e conseguenze. Come in un mazzo di carte in cui, ad ogni lettura, c’è chi fugge ripetutamente da questo gioco e chi, invece, affronta tutto di petto diventando anche parte di quel meccanismo che non è necessariamente un male.

XIII – LA MORTE

Insieme al tre di spade, la carta della morte è la più temuta tra gli arcani maggiori. Raffigurata da uno scheletro con una falce in un campo arido, recide tutto ciò che incontra davanti a sé. Portatrice di sconvolgimenti e tristezza è proprio ciò di cui si nutre la figura dell’uomo nero: presente in diverse culture occidentali è un demone che si manifesta in diverse forme in base alla modalità di cattura della propria vittima ma è sempre completamente nero.

Carta dei tarocchi numero 13, la morte, arcano maggiore.

Spirito assassino che vive nell’ombra, il folclore americano descrive il suo Boogeyman come il main character di horror story e canzoncine, prediligendo come piatto principale bambini particolarmente fragili, traumatizzati, reduci da lutti o con situazioni familiari disfunzionali. Il buio qui è di casa, sia della vittima che del carnefice: come nelle missioni militari, la mancanza di chiarezza visiva permette di attaccare con più facilità o di far sentire in una condizione di protezione chi cerca di nascondersi. Così nei vari remake del film abbiamo sempre la stessa dinamica dove il protagonista scappa finché non è costretto a risolvere il problema. Nell’ultimo uscito nel 2023 però Sawyer, la bambina puntata da Boogeyman, non fugge: lei affronta il suo antagonista per farsi credere dal padre e dalla sorella, armata della cosa più semplice, efficace e metaforica che si potesse pensare, una palla di luce.

Significato della carta: lutto, sconvolgimento, trasformazione.

The Boogeyman, poster nel buio.

XII – L’APPESO

1945, Regno Unito. Il mondo sta uscendo dal secondo conflitto mondiale, contando innumerevoli morti, feriti, dispersi e danni a livello economico e sociale. Da Joyce a Camus, da Ungaretti a Montale,  sono tanti i poeti del secondo dopo guerra che parlano di condizioni depressive, stati catatonici, persone vittime di allucinazioni, iraconde e suicidi.

Carta dei tarocchi numero 12, l'appeso, arcano maggiore.

The Others fa luce su quella zona d’ombra della comunità inglese ferita e smembrata ma che mostra sempre un contenimento di facciata. Grace è esattamente questo, moglie di un marito inviato sul fronte di cui non si sa più nulla e madre di due bambini con una patologia che li impedisce di esporsi alla luce del sole. Vivono nella loro dimora di famiglia, isolata in campagna, dove vige la costante dell’isolamento nell’oscurità.

Il buio, quindi, funge da miglior alleato: protegge i bambini da morte certa, dalla cattiveria del mondo che gli circonda e da occhi giudicanti. Così non si devono, per nessun motivo, aprire le tende né di giorno né di notte e nessuna porta deve essere aperta prima che l’ultima sia stata chiusa.

La mania compulsiva di Grace per il buio sarà il suo antidoto ma anche il suo veleno: come madre, sacrificherà tutto pur di proteggere ciò che rimane della sua famiglia in attesa del ritorno di suo marito che allevierà ogni dolore. Ma, nessuno si salva da solo, o quasi. L’ossessione per i figli, la mancanza di un sostegno ed il costante vivere nell’ombra la sfiniranno portandola alla pazzia: ucciderà i due figli soffocandoli e, successivamente, si suiciderà persa nel senso di colpa.

Significato della carta: gestazione, attesa, sacrificio.

The others, locandina nel buio.

III – L’IMPERATRICE

Lacrime, tenebre e sospiri. Dicono che l’inferno sia composto principalmente da questi tre elementi, un po’ come ai piani superiori ma senza lo zolfo scenografico.

Le tre madri, tre forze in grado di gestire il pieno potere degli eventi dove c’è sempre una che sfida e supera le aspettative.

Dario Argento prima, Luca Guadagnino poi ci catturano nella trappola di Suspiria in punta di piedi, proprio come farebbe una ballerina. Le compagnie di danza si muovono, vivono e pensano come delle vere e proprie sette: mangiano certe cose, frequentano sempre gli stessi luoghi, lavorano duramente per il gruppo e, se qualcuno dovesse sbagliare, tutti ne pagano le conseguenze rimediando assolutamente per la buona riuscita della coreografia.

Carta dei tarocchi numero 3, l'imperatrice, arcano maggiore.

Esternamente: superiorità, dolcezza, leggerezza; internamente: fragilità, tormento, pesantezza. Tutto, gestito da tre streghe madri che si nutrono degli anelli deboli per poter sopravvivere o per passare lo scettro a dei nuovi corpi.

E Susie sarà la prescelta, la perfetta dolce bambolina da palcoscenico che però mostrerà di avere una determinazione ed una resilienza tale da essere degna del titolo di Mater Suspiriorum, conquistando lo stage in superficie e abbracciando con un port de bras tutta l’oscurità del Sabba.

Una luce rosso sangue brillante che si incastra con il nero sporco dei sotterranei, il tutto raccontato dalle note dell’inquietudine interiore di Thom Yorke.

Significato della carta: intelligenza, dinamismo, potere.

Suspiria, locandina buio.

XVI – LA TORRE: ESITO

Tutto questo non ha lo scopo di convincere che il male sia un bene. Piuttosto è un invito a ribaltare le proprie prospettive distruggendo i dogmi che ci sono stati imposti come obblighi sin dalla costituzione della società così come la conosciamo.

Il buio non sempre è sinonimo di male: proprio come la carta della Torre, spesso guardare l’oscurità o far crollare qualcosa, può essere un modo per sviscerare l’interno.

Carta dei tarocchi numero 16, la torre, arcano maggiore.

Guerre, complotti, religioni, rivolte sono condizioni evitabili ma spesso necessarie per mettere in discussione le certezze e ricostruirle. L’enfer c’est les autres diceva Sartre in Huis Clos, prendiamo coscienza degli aspetti negativi, paure e angosce solo quando siamo costretti al confronto con l’altro. Ovvio, c’è sempre una parte oscura in tutto ma abbracciarla e accettare che sia parte integrante di ciò che si considera giusto è l’unico modo che abbiamo per non reprimerla a priori e, invece, per lavorarci un po’ su e creare qualcosa di migliore.

Significato della carta: rigenerazione, ricostruzione, rimessa in questione.

Articolo di: Anna Rita Miuli

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