Sono solo fiabe, dicono. Racconti di pura immaginazione per far fare “i buoni” ai bambini prima di addormentarsi. Perché non tutti lo sono, c’è chi sfida le regole e non sa omologarsi agli schemi o chi non riesce a sottrarsi alla curiosità e cerca di scoprire la coda del diavolo.

Ma sotto la patina bubble pink da romanzo d’amore si nasconde una bad romance: toni cupi e disturbanti richiamano quel brutalismo lungo l’intreccio delle fiabe dove obbedienza ed osservanza si travestono d’innocenza per far insorgere il terrore lentamente, facendoci abbassare la testa.

Cose terribili accadono a chi osa spingersi un po’ più in là, una storia già sentita, no? Ma c’è l’altra faccia delle fiabe da scoprire a chi è in grado di ascoltare.

Nero fitto come l’ebano della foresta.

Se Walt Disney ci ha fatti crescere con un drama trope ben definito, i Grimm storcono subito il naso. Capisaldi del fantasy europeo, i due fratelli hanno fatto tremare le ginocchia ai più piccoli e incantato adulti con la loro penna.

Tutto è collocato nello spazio-tempo della Foresta Nera. Da Biancaneve a Rosaspina (per tutti, la bella addormentata nel bosco) tutte cercano il loro finale trionfante; in realtà, vengono salvate per pura casualità, perché il bacio del vero amore è solo un cliché imposto dalla società del patriarcato. Ma i protagonisti d’eccellenza sono Hänsel e Gretel: tra le disavventure più disparate, affrontano il famosissimo tête à tête con la strega mangia-bambini perché cacciati dalla loro stessa madre, impossibilitata nel poter sfamare altre due bocche in una condizione di povertà estrema.

Strega di gretel e hansel

Ed ecco che con il personaggio di Gretel si tocca l’idea dell’emancipazione femminile: ne da una brillante chiave di lettura Oz Perkins in “Gretel e Hänsel”, la cui inversione dell’ordine dei nomi non è affatto casuale. Non filtra un raggio di sole in una palette in cui si alternano toni freddi e cupi nella lotta per la sopravvivenza con l’amore fraterno: come nella storia originale, Gretel salva Hansel non solo dalla strega che tutti temono, ma anche da se stessa. La ragazza, infatti, scopre di essere eccezionalmente dotata di poteri che, connessi con la natura, le permettono di smascherare la strega e salvare tutti. Gretel, però, non odierà del tutto la strega, al contrario: le sarà sempre riconoscente per averle svelato il segreto della ribellione al conformismo, provando addirittura pena per l’antagonista.

fiabe hansel e gretel

Grigio come le nubi delle fabbriche.

Con un pizzico di polvere di fata ci si ritrova in un altro mondo, letteralmente.

James Matthew Barrie rompe gli schemi in un periodo di totale rivoluzione per sfuggire al continuo senso di sottomissione in una società industrializzata e sfruttatrice della classe operaia. Tramandato nella storia come una fiaba sulle fate, impavidi bimbi sperduti e fantastiche avventure, il Peter Pan di Barrie di magico ha ben poco: il folletto dei giardini di Kensington non è altri che un traghettatore di anime di bambini morti prematuramente o per sventura e perdutisi successivamente al trapasso. Il suo compito, quindi, è volare verso un’isola che non c’è per davvero, l’aldilà.

Dispettoso e predatore di anime è spesso paragonato al Caronte dantesco che accompagna verso il destino post mortem, creando un senso di angoscia e spaesamento in chiunque lo incontri; così le famiglie inglesi impartivano il senso di obbedienza ai propri figli, per evitare di perdersi ed essere portati via da Pan per sempre.

fiabe peter pan

Bianco come la luce che riflette sulle distese innevate.

Dall’oscurità dell’occidente al pallore dei Paesi Slavi. Come un bisbiglio, trasportate dal vento gelido, si palesano le cruente fiabe proibite di Aleksandr Afanas’ev; inguaribile sentimentale, cresciuto sulle note del romanticismo tedesco, si lascia ispirare dai fratelli Grimm, raccogliendo in otto volumi tutte le favole popolari russe.

Il loro fascino sta nell’eroicità dei protagonisti e nella brutalità degli antagonisti: Baba Jaga, fattucchiera e cannibale,  è letteralmente tradotta come nonna ma idealizzata come un’incarnazione demoniaca dotata di poteri magici che vola a bordo di un mortaio e vive in una casa che poggia su delle zampe di gallina. Nella maggior parte delle fiabe tutti quelli che si imbattono in lei riescono a sfuggire alla morte solo se superano tutte le prove imposte .

fiabe baba yaga

Podgaevskij e Hencker hanno dato un taglio assolutamente realistico all’immagine della temuta Baba Jaga cucendole addosso l’idea di morte con il suo stesso filo rosso incantato, creando un vero e proprio dark fantasy/horror su schermo a led. In questo caso, si fa focus su uno dei tanti poteri della strega come l’amnesia: ogni genitore che si imbatte in lei si dimentica dell’esistenza dei figli così da portarli nel suo mondo al confine tra la realtà e l’immaginazione, dove se ne prenderà cura a modo suo per sempre.

Con Baba Jaga ci si ritrova sempre davanti al concetto di sacrificio seguito da un ricatto: come nella società in cui viviamo, niente viene dato in cambio di niente, una vita per una vita, ogni ostacolo deve essere accettato per ottenere qualcosa che sia la ricchezza, il riconoscimento o la salvezza stessa; solo allora si potrà essere liberi, più o meno.

film baba yaga

Rosa come un fiore di loto.

Così delicate e malinconiche ma spietate fino all’inverosimile. L’estremo oriente è immerso in un regno di yūrei (spiriti) e yōkai (malefici o manifestazioni inquietanti) e, tra queste anime tormentate, c’è anche quella di Dazai Osamu.

La sua vita stessa sembra una fiaba tragica; scrittore tra i più influenti del secolo scorso, è morto suicida nella forma del shinju, ossia il doppio suicido d’amore. Profondamente perso in se stesso, lo scrittore da vita alle Otogizōshi, una raccolta delle quattro fiabe più famose della tradizione nipponica.

fiabe urashima

Tra queste, Il signor Urashima: di nobile famiglia, è esausto di tutta l’ipocrisia e i giudizi che fagocitano l’ambiente di corte; un giorno, conosce per caso una tartaruga parlante che salva da un gruppo di bambini che la stavano malmenando. La tartaruga, per sdebitarsi, lo conduce nel Palazzo del Drago, una fantastica reggia sui fondali marini dove abita la principessa Oto. Privo di qualsiasi pregiudizio o di costume, Urashima se ne innamora ma, col passare del tempo, si sente fuori luogo sentendo di non appartenere a quel mondo e decide di tornare a casa. Plot twist: una volta tornato, trova un mondo stravolto che non riconosce e, in preda alla disperazione, apre la scatola che la principessa gli aveva dato prima di andar via, morendo. Infatti, i pochi giorni passati nel Palazzo del Drago corrispondono a centinaia di anni sulla Terra e, come conseguenza, Urashimainvecchia di trecento anni.

Il dono della principessa Oto (la quale nella storia non parla mai) sembra più una punizione che un dono per alleviare le pene del protagonista. Nella fiaba, lei ci restituisce l’immaginario della morte la quale, impossibilitata nel parlare, agisce senza rimorso nei confronti del protagonista. Il risveglio dal “sogno” porta Urashima nuovamente in uno stato malinconico/depressivo, togliendosi la vita, ispirando un po’ il fatidico gesto che verrà replicato dal suo scrittore.

quadro urashima

C’era una volta l’ennesima scusa inventata dalla società, quindi, che ricopre i panni della vecchietta per poi sporcarsi le mani, celando la sua natura da lupo mannaro. Out out, il rovescio della medaglia in cui le fiabe portano il peso di una trama più fitta e complessa del previsto, tessuto dalla scelta dei personaggi.  Asserzione, ribellione o anche indifferenza governano tutto il plot e rendono cosi affascinanti ed accattivanti i loro percorsi; ma dietro a tutto questo, c’è un’insoddisfazione perenne alla nostra condizione limitante che ci tiene a bada, controlla ogni mossa, scrivendo lei stessa la storia ancora e ancora.

Un eterno ritorno in cui la morale è che non si è poi così artefici del destino e che non c’è mai un lieto fine, ma solo la speranza di essere coraggiosi outkast camuffati da un cappuccio rosso sangue per vivere tutti felici e contenti, o quasi.

Articolo di : Anna Rita Miuli

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