Le case nel cinema horror, sono, senza dubbio una delle location più iconiche.
Quest’ambientazione è stata in grado di affascinare gli spettatori per intere generazioni, offrendo spaventi, paure, tensione ed un metodo per esplorare temi più profondi, tra cui la psicologia umana, la critica sociale e politica.
La casa diventa, spesso, più di una semplice ambientazione.
Esse riescono a rappresentare lo specchio degli incubi interiori dei personaggi che affrontano i propri demoni ed i loro peccati passati.
Diventa un’estensione delle loro menti contorte e dei loro tormenti, trasformandosi in un vero e proprio labirinto claustrofobico di paure e paranoie.
Molte volte, questa ambientazione può rappresentare, metaforicamente, una famiglia disfunzionale o un ambiente domestico tossico.
I conflitti irrisolti, i segreti sepolti e le tensioni interne emergono attraverso la presenza malevola della casa stessa.
In questi casi, risulta potente la critica sociale attraverso l’esaminazione delle dinamiche familiari disfunzionali e mettendo in discussione i concetti tradizionali di patriarcato e maternità.
In altri casi, le case nel cinema horror possono essere interpretate come allegorie della storia o della politica di una determinata regione o periodo storico.
Ad esempio, una casa costruita su un cimitero indiano può rappresentare il passato colonialista e genocida di una nazione, mentre una dimora decadente potrebbe simboleggiare lo sgretolamento morale e politico di una società in declino.
Le case nel cinema horror vengono spesso chiamate in causa nel genere, ma non tutte sono state in grado di lasciare un’impronta indelebile nell’immaginario collettivo.
- La Casa (Sam Raimi – 1981)
- Quella Villa Accanto al Cimitero (Lucio Fulci – 1981)
- La Casa dell’Esorcismo (Mario Bava – 1975)
- La Casa delle Bambole (Pascal Laugier – 2018)
La Casa (Sam Raimi – 1981)
Nel cuore di una foresta si trova una casa che è più di un semplice rifugio.
È un portale verso l’inconcepibile, dove il Necronomicon giace in attesa di svelare i suoi oscuri segreti che, una volta manifestati, pagano la realtà sotto il peso di antiche maledizioni, e gli amici diventano strumenti di un male antico quanto il tempo.
La casa che Raimi costruisce registicamente è un incubo fatto di carne e sangue, un luogo dove la lotta per la sopravvivenza si trasforma in un gioco con l’aldilà, in cui la paura regna sovrana.
La casa diventa il palcoscenico perfetto per un’esperienza soprannaturale, assurda, grottesca ed incredibile nel vero senso della parola.
Ash e la sua combriccola di amici si confrontano con le proprie paure più profonde mentre la casa stessa nutre un’oscura volontà propria.
La dimora diventa una prigione per i protagonisti, per il corpo e la loro anima, una possibile metafora dei mostri interiori da affrontare e sconfiggere.
Quella Villa Accanto al Cimitero (Lucio Fulci – 1981)
Nella visione surreale di Fulci, la villa accanto al cimitero assume una sinistra presenza che va oltre la mera residenza.
Protagonista silenziosa del film, è un personaggio a sé stante, con le sue mura che racchiudono segreti mortali, un labirinto di passaggi nascosti e stanze che custodiscono i peccati del passato, un passato che non vuole essere sepolto.
È qui che la famiglia Boyle, ignara degli orrori che li attendono di quanto morte e follia si intreccino in una danza macabra , cerca di costruire una nuova vita.
La dimora in questione è anche un enigma, un puzzle che il piccolo Bob cerca di decifrare, guidato dalle visioni di una bambina fantasma che lo osserva dalla finestra.
Questa immagine, così semplice eppure così inquietante, è un presagio di ciò che sta per accadere, un invito a guardare oltre la facciata e a esplorare gli abissi dell’anima umana.
Fulci utilizza la villa come metafora della nostra inevitabile fine e dei misteri irrisolti che ci attendono prima e dopo la morte.
La Casa dell’Esorcismo (Mario Bava – 1975)
Immaginate una casa che è un crogiolo di epoche, dove ogni stanza è un capitolo di una storia maledetta.
È un luogo dove il tempo si contorce e si piega, lasciando la giovane Lisa a combattere contro demoni che sono tanto reali quanto metaforici.
Bava ci invita a varcare la soglia di una dimora dove la salvezza e la dannazione sono separate da un filo sottilissimo.
La casa è il luogo in cui si scontrano il bene e il male, la fede e il dubbio.
Oltre ad ospitare i personaggi della storia, diventa un vero e proprio campo di battaglia tra luce e tenebre, epicentro di una lotta metafisica, in cui la fede religiosa si scontra con la razionalità scientifica.
Bava utilizza la casa come allegoria della nostra continua lotta tra ciò che è razionale e ciò che è soprannaturale, invitando gli spettatori a interrogarsi sulle proprie convinzioni più profonde.
La Casa delle Bambole (Pascal Laugier – 2018)
Nella sua fiaba nera Laugier crea un mondo angosciante in cui la casa assume il significato di rifugio distorto dove la realtà si frantuma come vetro che cade a terra.
Per le sorelle protagoniste, la casa diventa un enigma da risolvere, un puzzle che si compone di pezzi di trauma e frammenti di coraggio.
In questo caso, attraverso il principale tema della differenza tra sogno e realtà, la casa diviene un vero e proprio scenario psicologico dove le protagoniste sono intrappolate in un ciclo di tormento e violenza, costrette a confrontarsi con i fantasmi del passato.
Riprendendo il capolavoro di Tobe Hooper, “Non aprite quella porta” anche quì la casa diventa lo specchio riflesso di una società violenta, crudele che del prossimo se ne frega totalmente ed una prigione emotiva per le due sorelle, protagoniste di queste assurde atrocità.
Laugier ci guida attraverso corridoi e stanze colme di dolore, dove la verità è nascosta utilizzando la dimora come allegoria delle atrocità inflitte alle donne nella società contemporanea, mettendo in discussione le convenzioni di genere e la cultura del silenzio.
Attraverso questi film emerge un filo comune: le dimore come specchio delle profondità dell’animo umano, delle complessità della condizione umana e della società in cui viviamo.
Queste pellicole riescono a spaventare tantissimo, ad intrattenere ed invitano anche a riflettere sulle nostre paure più profonde e sulle nostre convinzioni più radicate.
Che si tratti di una famiglia disfunzionale, di una critica politica o di un’analisi della psiche umana, le case nel cinema horror, continuano così a esercitare un fascino oscuro e a offrire una finestra su mondi al di là delle nostre più oscure immaginazioni.
Articolo di : CineDistopic